giovedì 20 novembre 2014

C'era una volta a New York


Anno: 2014
Genere: Drammatico
Nazione: U.S.A.

Trama:
Ambientato negli anni '20, il film - il cui titolo originale è The Immigrant - narra le drammatiche vicende di Ewa, una giovane polacca che riesce ad approdare sulle coste americane solo per scoprire che il "sogno americano" ha più il sapore di un incubo.
Appena approdata ad Ellis Island, infatti, Ewa è separata dalla sorella malata e quello è solo l'inizio delle sue sventure. Per poter restare nel nuovo continente e risparmiare abbastanza per ricongiungersi con lei, è perciò costretta ad affidarsi a un uomo ambiguo, che la trascinerà in un giro di prostituzione e altri peccati. L'incontro con l'affascinante cugino del suo protettore sembra rappresentare una via di fuga e redenzione, ma ci si mette di mezzo l'amore a complicare tutto...


Se come me state immaginando una storia piena di sentimento e passioni che superano il limite della legalità, sappiate che vi state sbagliando.
Non c'è niente di profondo e appassionato, non ci sono scene di amore non corrisposto che ti fanno vibrare le ossa, non c'è la tensione di sapere se Ewa sceglierà il bene o il male.
C'è solo miseria e disperazione in questa pellicola di James Gray, e nemmeno in quantità tali da lasciare il segno, almeno nel mio caso.

Non che gli attori non sappiano comunicare l'angoscia dei personaggi - anzi, ritengo che la bravura degli attori, in particolare  Marion Cotillard (la sfortunata Ewa) e Joaquin Phoenix (l'ambiguo Bruno) sia l'unica cosa buona del film - ma qualcosa non convince, non coinvolge. 
E' come se per tutto il film ci si aspettasse di entrare nel vivo della storia, che invece rimane ferma lì: Ewa si prostituisce e punto. Non succede altro e la costruzione psicologica dei personaggi non colma nemmeno vagamente la mancanza di eventi significativi.
Ewa, per esempio, si dimostra incredibilmente debole e passiva, del tutto priva di quella forza interiore che conquista. Ovviamente restia a prostituirsi e continuamente sprezzante nei confronti di Bruno per la sua condotta immorale, non fa però niente per sottrarsi a quel potere corrotto e non rifiuta niente di quello che Bruno le concede. E quando il suo tentativo di fuga fallisce e Bruno torna a riprendersela, lei lo segue nuovamente senza scrupolo, ma continuando a "tirarsela" come se fosse superiore.
E Bruno, che dovrebbe essere il cattivo della situazione, non fa niente di così particolarmente cattivo, non maltratta le sue ragazze, non le tiranneggia, non si prende tutti i profitti. E' innamorato di Ewa ma non supera mai il limite, non la forza nè la costringe a situazioni imbarazzanti, anzi la protegge come può, nell'unico modo che conosce. La aiuta perfino con la sorella.
Orlando, poi, è onestamente inutile, non fa niente se non procurare i biglietti e anche questo gesto "eroico" non ci viene mostrato, perdendo di impatto.

In sostanza, ci si ritrova con una protagonista spocchiosa e insopportabile, un cattivo che cattivo non è ma non fa nemmeno niente per essere simpatico e un terzo incomodo che pure non fa niente per conquistare il cuore di Ewa o del pubblico. 
E la trama si trascina così piatta che non si riesce nemmeno a incuriosirsi per le sorti della povera sorella malata, nè si riesce ad appassionarsi più di tanto alla ricerca di un modo per ritrovarsi.
Persino il finale lascia con un senso di insoddisfazione.

Un peccato, perchè si poteva creare qualcosa di decisamente migliore, semplicemente prendendosi qualche mese di tempo in più per elaborare meglio la storia e i personaggi. Facevano prima a chiamarlo Vita Triste.

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