Anno: 2014
Genere: Drammatico
Nazione: Germania
Berlino, 1945. Nelly (Nina Hoss), una deportata ebrea sopravvissuta al campo di concentramento, viene riportata a casa da Lene (Nina Kunzendorf), sua amica prima della guerra, ma l'orrore del campo ha lasciato cicatrici indelebili su Nelly, nel senso più letterale del termine: la donna ha infatti il volto completamente sfigurato da un'esplosione, al punto da essere costretta a farsi ricostruire chirurgicamente la faccia.
Lene la ricovera quindi in ospedale e assiste l'amica in tutta la lunga fase del recupero, arrangiandosi nel frattempo per assicurare un posto in Israele per lei e per Nelly, nella speranza di ritrovare il proprio posto nel mondo post-nazista.
Nelly, però, non ne vuol sapere di partire. Per tutto il tempo della prigionia, solo il pensiero di ritrovare il marito l'ha tenuta in vita - si è fatta ricostruire il viso simile a quello che aveva proprio per essere riconoscibile dal suo Johnny - e ora non vuole rinunciare all'idea di rintracciarlo, nonostante Lene le confessi che è stato proprio il marito a denunciarla e a farla deportare.
Senza dire niente all'amica, quindi, una sera Nelly decide di mettersi sulle tracce del marito e riesce incredibilmente a trovarlo mentre suona in un locale poco lontano, appunto il Phoenix. La reunion, però, non è affatto come Nelly se l'era immaginata: non solo Johnny non la riconosce, ma non sembra nemmeno in lutto per la perdita della moglie, che lui crede morta definitivamente.
Peggio ancora, notando comunque una certa somiglianza con la defunta Nelly, Johnny le chiede addirittura di interpretare il ruolo della moglie ritrovata per potersi appropriare della cospicua eredità che le spetterebbe.
Incapace di allontanarsi dall'uomo che continua ad amare così profondamente, Nelly si trova quindi a dover interpretare se stessa, nella speranza che prima o poi lui la riconosca o le faccia capire di aver amato davvero Nelly e di poter accettare il suo ritorno.
Riuscirà alla fine Johnny a capire il segreto dietro a quel volto così simile a quello di Nelly? Davvero amava così poco la moglie da consegnarla ai nazisti?
Se da un lato l'etica morale dovrebbe impedirmi di parlare male di un film che parla del difficile periodo post-nazista, dall'altro il film non mi ha del tutto convinta.
Molto bella la ricostruzione dei personaggi, tanto Nelly e la sua voglia di ripartire da dove aveva lasciato quanto Lene con la sua consapevolezza che il passato non può tornare come se niente fosse. Non capita spesso di vedere il dramma delle persecuzioni dalla parte di chi è sopravvissuto e al regista (Christian Petzold) va il merito di aver voluto gettare luce sul limbo esistenziale che i sopravvissuti si trovavano a dover risolvere: tornare ad essere se stessi non era possibile, andare avanti e dimenticare altrettanto difficile. Entrambe le due opzioni, infatti - rappresentate rispettivamente da Nelly e Lene - finiscono più o meno allo stesso, triste modo.
Psicologia a parte, però, il film risulta un po' vuoto. Il dramma esistenziale dei personaggi viene rappresentato attraverso lunghi silenzi piuttosto che attraverso avvenimenti, dialoghi o flashback, rendendo così il tutto un po' piatto.
Lo struggente amore di Nelly, l'indignazione di Lene, l'indifferenza degli amici di Nelly, tutto viene raccontato e mai mostrato. Tutti raccontano ma restano immobili, senza far seguire i fatti alle parole, che rimangono quindi insipide. Ci viene detto che la gente non vuole sapere cosa succedeva nei campi, ma non ci viene mostrato nessuno che ignora il racconto diretto. Ci viene detto che Nelly ama Johnny ma non vediamo una carezza, una foto, un ricordo, un segno tangibile di questo amore.
Nell'insieme ho avuto l'impressione di guardare una lunghissima intro, come se i titoli di coda avessero troncato tutto prima ancora che fosse cominciato, come se tutta la pellicola fosse solo il pilot per una serie-tv o il primo capitolo di una trilogia, per intenderci.
C'era tanto che si poteva far succedere per dare sostanza alla pellicola senza stravolgere il messaggio: Nelly avrebbe potuto incontrare altra gente, altri sopravvissuti, un altra persona che non l'aveva conosciuta prima della guerra e che accentuasse il cambiamento. Avrebbe potuto tentare di rivivere la sua vita materialmente, magari senza riuscirci del tutto. Nelly e Johnny avrebbero potuto condividere più momenti, avrebbero potuto mostrare com'era la loro vita prima di tutto, mostrare qualcosa in più su Johnny e sulle sue motivazioni. Anche Lene passa improvvisamente dal volersi trasferire per ricostruire la sua vita alla resa definitiva senza nessuna apparente logica, tranne una misera lettera che non rende minimamente il peso dell'angoscia della donna.
A conti fatti, sembra che il film abbia parlato di qualcosa che non conosceva, come quando ascoltiamo qualcuno sproloquiare su un libro e ci rendiamo conto che non l'ha mai letto o come quando un alunno impreparato cerca di arrancare un discorso su una lezione che non ha realmente studiato. Il vuoto e l'incompletezza sono il tratto distintivo di questo film, con un copione che sembra appena abbozzato.
Ovviamente, con questo non intendo dire che sia terribilmente brutto. La recitazione è molto toccante e le inquadrature sono tutte perfette, persino per un'ignorante come me. Semplicemente è poco concreto, il che non è necessariamente un difetto se vi piacciono i film filosofici.
Se quindi preferite il tipo di film che tutto dice e nulla afferma, Il Segreto del Suo Volto è consigliato, perchè sicuramente aiuta a riflettere. Se state cercando qualcosa da guardare in onore della giornata in memoria della strage ebrea ma avete visto il Pianista sull'Oceano fino a saperlo a memoria, con questo andate sul sicuro.
Se però quello che cercate è un film con un inizio, uno svolgimento e una fine, cambiate titolo, perchè questa pellicola non ha nè lo svolgimento, nè la fine.
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